Nata anche dalla consapevolezza che ogni anno, le strade italiane “producono” circa 5-6.000 morti; che per chi ha meno di 40 anni la strada è la prima causa di morte; che in un anno vi cadono oltre 50 bambini, circa 1.000 ragazzi da 12 a 24 anni e 1100 donne; che alla richiesta dell’Unione Europea, agli Stati membri, di adoperarsi per ridurre del 4% l’anno il numero dei morti sulle strade, l’Italia ha risposto, “siamo italiani”, con un aumento del 4,7% dei morti e di oltre il 5% di incidenti e feriti. Ci faranno certamente i complimenti per essere, come al solito, tra i primi, peccato che ogni volta dobbiamo rovesciare la classifica. “Numeri” terrificanti che generano morte e sofferenze. In ogni “strage” si consuma un dramma diverso per ciascuno di noi, ma, vi assicuro, sempre con un impatto devastante. E il peggio deve ancora venire, viene quando ci accorgiamo che la società non ha voglia né tempo di occuparsi di morti, di giustizia, di memoria e di solidarietà. La frase più ricorrente e becera che ci accompagna nel calvario che segue è “Tanto nessuno ve lo può ridare”
E’ allora che nasce, dal dolore, l’ira: dignitosa o sciamannata, di lacrime o di improperi, produttiva o devastante, cresce nel tempo una rabbia profonda e sacrosanta contro questa società che ci ha tolto una persona cara, viva, per negarci anche il rispetto e la dignità del dolore.
Nata dall’amicizia che trovai nella “gente” della Croce Verde, nei giorni più tristi e bui della mia vita. I volontari della Croce Verde, una minoranza prodigiosa, un qualcosa d’atipico in questo mondo imbarbarito. Pensare ed agire per gli altri, donare qualcosa di proprio agli altri, che anomalia! Che cosa pensare o dire dei volontari della Croce Verde di Lucca che in oltre un secolo si sono alternati, con abnegazione, a favore degli altri, se non fare qualcosa per quello che rappresentano.
Nata da una visita al Villaggio del Fanciullo di Lucca, dove il ricordo mi porta a tanti anni fa, quando, figlio d’immigranti lucchesi in terra Argentina, arrivato in Italia, trovai il mio primo amico, a scuola, in un compagno di banco, era un ragazzo del Villaggio e dove Don Diomede mi racconta la storia del Villaggio, le necessità e le difficoltà a portare avanti l’opera in favore dei ragazzi.
Nata da una visita, avvenuta nel 2004, ad una scuola elementari di una cittadina africana, dove oltre il 20% della popolazione ha meno di dieci anni, dove molte famiglie hanno difficoltà ad andare avanti, figuriamoci a mantenere i propri figli a scuola. Una cittadina dove la luce elettrica è arrivata da pochi anni, dove l’acqua manca ancora in molte case, dove le poche strade sono in sconnesso pavé, dove si possono vedere i pescatori che puliscono e salano il pesce in riva al mare, dove ……
Quando il dolore è smisurato è importante trovare un nuovo scopo, darsi nuovi obiettivi, per dare un senso alla propria vita.
A seguito di quanto suddetto, ne parlai in famiglia, con gli amici di Claudio, insieme a loro è maturata l’idea di un’associazione con lo scopo di promuovere e sostenere: l’istruzione e l’assistenza socio-sanitaria nei paesi del sud del mondo; le attività di formazione, prevenzione, informazione e educazione sulla sicurezza nelle strade; le attività di associazioni, enti e/o istituzioni quali la Croce Verde ed il Villaggio del Fanciullo con finalità analoghe e/o di pubblica utilità.
Qual è il significato di fondo dell’associazione, nata dal dolore e nel ricordo di Claudio, che ha cessato di sorridere, di gioire, di sognare e che ora gli amici e la famiglia vogliono far rivivere seminando quell’allegria che Claudio emanava verso gli altri, in particolare verso i bambini, dando vita ad un sogno: aiutare gli altri affinché una lacrima si trasformi in un sorriso, affinché le nostre città siano vivibili e più sicure, dare in poche parole solidarietà, amore e sicurezza.
L’associazione diventa operativa agli inizi di ottobre del 2005, alla fine dell’anno conta già 200 soci. Negli anni successivi ci saranno nuove adesioni e recessi. L’ultimo aderente ha il numero 507.